Per le persone di biologia xx e tutte le persone socialmente percepite “donne” è difficile sia una scelta childfree, sia una genitorialità diversa, lontana dalla mistica della maternità. Vediamo perché….
Childfree: spazi senza censura per chi non ha figli
Da tempo sono iscritto ai gruppi a tematica “Childfree”, in cui le persone senza figli possono confrontarsi sulle ingiustizie che in società subiscono gli adulti/le coppie senza figli.
La discriminazione verso chi non ha figli è più sottile e strisciante di altri. Ci sono tante “regole non scritte” che chi non ha figli deve implicitamente seguire, come il “fare festa” se un collega o un amico porta un bambino, la sopportazione dei comportamenti sgradevoli dei bambini nei luoghi pubblici, i privilegi al lavoro per chi ha figli (ad esempio lo smart working concesso ai genitori dal Decreto Conte in occasione del Covid-19), le pressioni riservate a chi non ne ha per scelta.
La discriminazione delle persone senza figli colpisce qualsiasi persona sopra i 30 anni, indipendentemente da sesso, identità di genere ed orientamento sessuale, anche se la principale vittima di queste pressioni e aspettative è la donna cis, eterosessuale e mediamente femminile.
E’ per questo che le iscritte dei gruppi childfree sono quasi tutte donne, prevalentemente cis ed eterosessuali.
Spesso così come gli sfoghi partono da donne, anche le destinatarie dello sfogo sono donne,e per essere precise, madri. Spesso il “bersaglio” naturale sono tutte coloro che non solo sono madri, ma portano avanti la “mistica della maternità”, condita di fondamentalismo cristiano/cattolico e di una precisa ideologia che riguarda i ruoli di genere binari e tradizionalmente concepiti (le cosiddette “mamme pancine).
La cosa negativa è che spesso la rabbia e il senso di ingiustizia spinge i/le childfree ad usare termini anche sgradevoli (e a volte anche sessiti) verso chi è genitore o lo sta diventando. Le donne incinte “si sono fatte farcire”, l’atto del parto viene paragonato all’andare in bagno e così via.
Insomma, dalle donne childfree, in questi gruppi e ambienti protetti, vengono dette quelle cose che il binarismo “non vorrebbe mai vedere in bocca ad una donna”, quindi sono anche luoghi, esterni alle aspettative di genere, dove le donne liberano il loro linguaggio dalla “cappa” del perbenismo.
Si fa notare per il suo valore, tra i gruppi “Childfree”, il gruppo “lunàdigas”,rivolto in particolare a donne senza figli, che, riprendendo la filosofia della cultura femminista intersezionale, è molto attento ad esprimere concetti sempre inclusivi e mai giudicanti verso le donne che hanno fatto altre scelte, diventando genitori.
Che ci fa un uomo xx in questi gruppi?
Come persona di biologia xx, so bene che, almeno in parte, anche io subisco la pressione sociale rivolta alle persone socializzate, loro malgrado, come donne, riguardo alla genitorialità, ed è per questo che, pur non essendo childfree convinto, frequento questi gruppi, anche perchè, come studioso del binarismo, mi interessano tutte le discriminazioni per sesso e per genere.
Premetto che la mia “scelta” di non avere figli è legata all’impossibilità di diventare genitore senza dover vivere l’esperienza della maternità biologica, in quanto sarebbe impossibile un’adozione (essendo io dichiaratamente transgender e poco motivato a fingermi “madre adottiva” con le varie agenzie di adozione, che lavorano su parametri binari ed eteronormativi), e una GPA (ancora non consentita nel nostro Paese, e comunque vorrei tenermi alla larga dalla polemica “pro Gpa VS contro Gpa”).
Mi sono, però, spesso interrogato sul desiderio di diventare “genitore”, senza dover per forza passare dalla condizione (biologica e di socializzazione) di “madre”.
Non entro nel merito di quanto sarebbe traumatico, per un uomo xx, diventare genitore biologicamente, osservare il corpo che cambia, si femminilizza, spesso in modo definitivo, creando molto probabilmente situazioni di profondo disagio. Tuttavia, alcuni ftm sono diventati genitori prima di prendere consapevolezza, e alcuni anche dopo, essendo realmente difficili gli altri modi di diventare genitore, e probabilmente desiderando molto diventarlo.
Il trauma sociale e biologico di diventare genitore se sei un ragazzo xx
Non di minore gravità e impatto sono le ricadute sociali del diventare genitore in modo biologico essendo “xx”: gli sguardi complici delle “altre donne” durante un periodo di tempo comunque medio-lungo (almeno 5 o 6 mesi), ma a questo si aggiungono tutti quei problemi legati all’essere percepiti come “madre” che vengono dopo “il parto”, e che quindi interessano anche chi, essendo xx, è diventato genitore in altri modi (magari anche tramite adozione).
Ricordate il “puttana la maestra” della canzone di Tricarico? La maestra aveva imposto il tema sul papà al bambino che non lo aveva: quante di quelle maestre imporrebbero ad un figlio di un ftm non med o di una persona non binary di biologia xx di dire che quella persona è “la mamma”?
E così ti chiederesti se ha senso dare la vita a un bambino che sarebbe sballottato tra due punti di vista: quello della coppia che lo ha generato/adottato e quello della società binaria che vuole mettere tutti i pezzi nell’ordine “naturale” delle cose.
Tutte le childfree non vogliono diventare “genitore”, o alcune di loro non vogliono diventare “mamme”?
A questo punto mi chiedo, però, quanto le donne stesse, childfree e lunàdigas, abbiano scartato la genitorialità perché nel loro/nostro caso coincide con l’essere “mamma”, con tutto ciò che comporta, fisicamente e socialmente.
In coppia etero, se vengono fatti dei figli, tutto ricade sulla madre, e quel poco che fanno i giovani padri viene visto come “un miracolo commovente” e non come il minimo sindacale. L’identità di mamma/madre viene imposta alla persona di sesso femminile che diventa genitore (persino se adottiva), tanto da prevalere sulla sua identità personale, di donna, o ancor prima di singola e irripetibile persona. Per tutti, la persona, diventa una madre/mamma, il tutto corredato da stereotipi, complicità con le altre genitrici, gruppi whatsapp al femminile, tra mamme e tutto il resto.
Se, per una donna, il “diventare genitore” non comprendesse questo opprimente pacchetto, queste donne sarebbero comunque childfree? Sicuramente molte di loro si, ma alcune forse no. Credo che non siano neanche state abituate ad “astrarre” a tal punto da separare la genitorialità dalla “maternità” (sociale e biologica), con tutto ciò che essa comporta, astrazione che è facile se sei un ragazzo xx o una persona non binary, ma per nulla scontata se la tua identità di genere è femminile, come lo è il tuo corpo, e quello che rifiuti è il “ruolo”, attribuito alle donne, in particolare se “madri”.
Ma anche si fosse addestrate a questa astrazione, a cosa servirebbe? Comunque in questo mondo se sei donna e genitore, sei vista come “madre/mamma”, e quindi come puoi astrarre da questo inevitabile destino, per capire se ti saresti potuta vedere come “genitore” al di fuori di questi manierismi?
Se sei xx, non vai bene in ogni caso, genitore o non genitore
Concludo dicendo che il vero punto è il fatto che la società pensa di poter normale come debba vivere una donna (o una persona percepita tale) e questo ricade sia sulle donne genitrici, sia su chi non lo è, perché il vero punto è che, se sei xx, decide sempre qualcun altro per te: quali esperienze devi fare, come te le devi vivere. C’è sempre una tabella di marcia pronta per te, e la non-madre, la single, la genitrice atipica, hanno sempre un caro conto da pagare se non seguono il rigido tracciato deciso dagli uomini eterosessuali e da chi, donna e non, etero e non, con quel sistema oppressivo, è suo malgrado connivente.