Nell’ultimo decennio il fenomeno che vedeva le donne vittime dei loro ex fidanzati/amanti/scopamici, i quali divulgavano delle loro foto di intimità, ha avuto un nome: Revenge Porn
Si tratta di uomini che, dopo la fine della relazione, iniziano a divulgare delle foto sexy che la ex compagna aveva fatto per loro, dei video di momenti di intimità, per vendetta e nella speranza che la ex compagna vada incontro a pubblico dileggio, mortificazione, e ripercussioni come il licenziamento o la distruzione della sua reputazione.
A volte, più che di “vendetta vera e propria” si tratta di “baldi maschi etero” che diffondono le foto delle loro prodezze sessuali, con ragazze con cui non hanno una relazione seria, in chat con amici, senza la precisa intenzione che queste immagini diventino virali, cosa che poi, inevitabilmente, succede: sia chiaro che questo tipo di uomo non è meno colpevole.
Premettendo che il revenge porn è un grave crimine, che ha portato alcune donne al suicidio (come nel caso di Tiziana Cantone), cerchiamo di capire le radici di questo orribile comportamento.
Non c’è nulla di più binario, eterosessista, maschilista e misogino del revenge porn, ecco perché…
Scenario Eteronormativo
Anche se esiste anche un revenge porn che coinvolge persone omosessuali (ma spesso l’intento è ricattatorio, e sfrutta l’omofobia sociale per far sì che l’uomo, gay velato, faccia di tutto per cercare di far sì che quel materiale non venga divulgato), principalmente il fenomeno riguarda uomini etero che divulgano foto sexy o di atti sessuali delle loro ex compagne.
Si tratta, guardacaso, di fotografie o video a carattere “pornografico” che mettono in scena momenti eccitanti dal punto di vista dell’uomo eterosessuale, e che lo fanno apparire figo e “maschio alfa” agli occhi degli eventuali amici eterosessuali “del calcetto“. Molto chiaro appare il fatto che c’è una “dinamica di branco“, in cui c’è un gruppo di maschi, tutti eterosessuali o presunti tali, che si ritrova in momenti di “soli uomini”, legati ad hobby maschili (essere tifoso, praticare sport di squadra tra maschi), e poi il gruppo delle donne, amiche tra loro, magari proprio le mogli e le fidanzate di quel gruppo di maschi.
Anche questo secondo gruppo fa parte del problema, e la causa è sempre l’eterosessismo: le “mogli moraliste“, che, vedendo le foto “di sfuggita” nel cellulare del marito, al posto di condannarlo, per la condivisione di materiale che umilia la donna, attacca l’altra donna, considerandola immorale e incapace di essere una professionista seria (nell’insegnamento o in altri settori).
L’uomo che fa sesso è un figo, la donna è una “donnaccia”
Sebbene la donna femminile disinibita sia il sogno erotico dell’uomo etero, socialmente, lo stesso uomo etero la disapprova. Ed è per questo che, se un uomo etero “beccato” in video o in foto con una donna non verrebbe mai licenziato, questo capita invece alla donna eterosessuale, e in un certo senso potrebbe capitare ad un ragazzo gay, in quanto è il “concedersi ad un uomo” che rende sporchi, e da marginalizzare nella professione. E’ quindi il ruolo ricettivo a rendere disdicevole una persona coinvolta in un rapporto sessuale, sempre a causa della visione del mondo binaria che considera “inferiore” tutto ciò che è accogliente e femminile, visto come “conquistato”, “concesso”, “predato”, e quindi “che deve provare vergogna“.
“Se l’è cercata”
Tutti fanno sesso, si fa ma non si dice, “persino” le donne!
Però se ne rimane traccia visiva, allora sotto sotto la donna ha “meritato” la divulgazione delle sue foto intime.
Il sentimento del “Se c’è cercata” è sempre presente, persino nelle donne lettrici di queste notizie. Persino quando il fatto di cronaca si conclude col suicidio della donna. “Doveva farlo, ma non lasciare traccia“, la colpa non è di lui ad aver divulgato, ma di lei ad aver partecipato a quelle foto o video, o averle fatte per “sedurre” il suo uomo.
Il “se l’è cercata” è qualcosa che si sente anche nei gruppi di Incel quando esce fuori una notizia di uno stupro: la donna viene vista come colpevole. Si pensa subito che in fondo, se era lì, era “perché voleva che accadesse”. E non si deve andare in questi gruppi organizzati per trovare questi pensieri violenti: può capitare di sentirli dall’uomo medio al bar, e di sentire donne che gli diano ragione.
Conclusioni
Sicuramente devono esistere, e devono essere perfezionate, le leggi che puniscono il revenge porn, sia l’uomo che divulga le foto, che tutti coloro che, anche solo per divertimento, contribuiscono alla diffusione, diffamano la vittima, contribuiscono allo stigma. Come sapete, però, non sono giurista, e rifuggo la burocrazia, quindi su questo non riuscirei a dare un contributo.
Il mio ruolo di attivista è sempre stato indirizzato a cambiare la società, cambiando il linguaggio, ad esempio, perché la tutela legale deve sempre camminare al passo del cambio di mentalità, e l’una cosa può spingere l’altra, e non di poco (la Legge Cirinnà ha fatto entrare le coppie omosessuali dichiarate e visibili nell’immaginario collettivo, facendo fare un grande salto in avanti su questo tema, così come la Legge Zan, o una legge che facesse cambiare i documenti alle persone transgender non med e non binary farebbe conoscere queste realtà, che si “naturalizzerebbero” in società).
La cosa più importante, però, è cambiare la cultura che condanna la sessualità femminile, il binarismo di genere che vede l’uomo eterosessuale che fa sesso come un figo e tutti gli altri come potenziali oggetti di dileggio e di stigma.
Può una buona legge cambiare la mentalità? Forse, in parte. Ma non basta