Quantcast
Channel: Progetto Genderqueer – Non Binary Blog
Viewing all articles
Browse latest Browse all 397

Ancora Giovanni Dall’Orto: rispondo punto per punto

$
0
0

Ero qui a farmi il mio Lockdown in tranquillità, quando 13 di voi (si, 13!) mi hanno contattato per dirmi che Giovanni Dall’Orto “mi aveva risposto punto per punto” (immagino che dipenda dal fatto mi avevano inviato degli screenshot, di pagine pubbliche, in cui Giovanni scriveva alla pagina LGB Alliance Italy che in passato mi ha preso di mira con cyberbullismo),

In realtà ormai ho abbandonato la “critica al mondo gender critical”, che mi richiedeva troppe energie e troppi rischi, perché dal 2016, da quando il mondo LGBT ha fatto un “connubio” col mondo femminista, abbiamo dovuto assorbire tutte quelle logiche malate (minacce, outing, querele, diffide) e io ne sono riuscito a rimanere fuori, e sto benissimo così.
Per questo, vedete che non aggiorno spesso il blog, e quando lo faccio mi dedico ad altro (redpill, recensioni di serie e film), mi mancano le ultime puntate della “guerriglia” terf. Vedo giovani come Simone sempre sulla barricata, a commettere gli stessi errori che ho commesso io da giovane, 12 anni fa, ma che ho continuato a commettere fino a qualche anno fa. Non ne ho più voglia. Comunque, quando 13 persone, 13, mi mandano qualcosa da leggere, non posso resistere.

Come sapete (la cosa è documentata da vari album di foto, risalenti a due o tre anni fa) io e Giovanni siamo stati amici in passato, ed è difficile “odiare” una persona di cui sei stato amico.
Io sono molto combattuto nel fare una valutazione su di lui, e sulle sue posizioni, ora che non siamo più amici.

Alcuni di voi hanno anche aggiunto che “è rinsavito”, quindi provo a dire cosa mi è piaciuto del suo scritto, e cosa invece per nulla.

Punti a favore di Giovanni

che lo delineano come pensatore autonomo non “incanalato” in una delle due correnti (terf/queer)

1a) presa di distanza dagli attacchi pecorecci delle pagine Gender Critical

Nel suo articolo, Giovanni prende una posizione contro le pagine pecorecce che insultano le persone transgender con misgendering, attacchi ad personam, vignette “perculanti”, shit storming, body shaming. Siccome io (ma io tra i tanti) sono stato bersaglio di una di queste pagine, ringrazio Giovanni per la presa di posizione.
Ovviamente lui sottolinea che il farlo “danneggia la causa gender critical”, o è “una cattiveria gratuita contro persone che soffrono di disforia”, però è una presa di distanza importante, visto che spesso queste pagine lo hanno “usato”.

2a) Ognuno si definisca come vuole

Dall’Orto è sempre geniale e sagace nel suo linguaggio. Le pagine terf da cui si dissocia, quelle pecorecce di cui sopra, censurano la possibilità che un uomo transgender si definisca uomo, che il suo compagno si definisca gay e via dicendo.
Dall’Orto, invece, sostiene che “chiunque possa definirsi come vuole”, ma lo fa con una frase che ci fa sentire un po’ sfottuti “In fondo anche un uomo etero può definirsi gay se vuole”. Quindi, è come se chiarisse che lui continuerà a vedere le persone per la loro biologia, o, per quanto riguarda l’orientamento sessuale, per la biologia/le biologie da cui è attratto/a, ma si dissocia dalla “persecuzione” verso l’autodeterminazione delle persone non aderenti al biologismo, persecuzione ad opera di molte pagine terf.

3a) L’Orientamento dei e delle partner delle persone T

La parte più “tossica” del suo pensiero, tossica per persone come me, quella che ci ha fatto allontanare come amici, è il fatto che, considerando l’orientamento SOLO causato dal sesso biologico, lui delegittima l’orientamento dichiarato dai partner di persone transgender (che spesso, prima e dopo la persona trans, hanno avuto partner dello stesso GENERE della persona trans, non dello stesso SESSO).
Diversamente dai bulli delle varie pagine terf (che definiscono etero un uomo che sta con un uomo ftm, e una donna che sta con una donna mtf), Dall’Orto ipotizza che queste persone siano pansessuali/bisessuali, in quanto capaci “anche” di apprezzare i genitali “nativi” della persona trans, oppure appartenenti ad un ulteriore orientamento (quella parola che ci sta antipatica, skoliosessuali, che indica i e le translover?).
Credo sia un tentativo di poter trovare un compromesso tra chi lega l’orientamento sessuale al solo sesso (quindi il partner di un uomo ftm sarebbe etero), e chi lo lega al solo genere (quindi il partner di un ftm sarebbe gay).
L’unico dubbio è cosa renda, per Dall’Orto, bisessuale/pansessuale/queer il partner di un ftm, se l’ftm stesso (come se chi fosse attratto dalla compresenza di caratteristiche fisiche e psicologiche fosse bisessuale/pansessuale) o le esperienze precedenti (come se un uomo che ha avuto uomini xy fosse gay, ma solo per il fatto di aver avuto un solo uomo xx, e nessuna donna, fosse “reso bisessuale” dal rapporto con l’uomo xx). Questo è un punto interessante per collocare il pensiero di Giovanni in una delle sfumature tra Gender Critical e Queer.

4a) Non negazione dell’attrazione per persone con caratteristiche fisiche coerenti con il sesso che ci attrae

Dall’Orto ammette che un uomo gay può essere attratto da un ftm, per la sua mascolinità, e magari tirarsi indietro dopo, quando si viene a conoscenza della sua genitalità, quindi ammette che possa esserci un’attrazione fisica, ma non genitale. Poi, ahimè, si collega al movimento terf dicendo che la persona trans deve dichiararsi prima di arrivare al rapporto sessuale, però almeno non si accoda a chi dice che la persona trans emette raggi x che le persone non siano attratte a priori. Poi, onestamente, io ho sempre pensato che ogni persona può decidere di scartare un partner anche per motivi genitali. Se non fossero “perseguitati” i nostri partners, se non si pensasse di dover dire loro se sono gay, etero o altro, io non ce l’avrei con i e le gender critical: non vogliono venire a letto con una persona con genitali “dissonanti” col sesso da cui sono attratti/e? Legittimo. Fino a 10 minuti prima di saperlo erano attratti/e, e poi hanno cambiato idea? Benissimo: del resto il femminismo insegna che una donna possa dire di no a un partner eterosessuale anche un secondo prima, che possa cambiare idea, quindi perché dobbiamo negare a qualcuno di “cambiare idea su di noi”, se informato sulla nostra genitalità?
Siamo transgender, non siamo “incel”, abbiamo una tale offerta sessuale (spesso non gradita, perché insistente), che non dobbiamo di sicuro inseguire chi da noi non è attratto o chi si scopre non attratto dopo essere stato informato sui nostri genitali.

5a) Cosa si prova quando fai attivismo da 40 anni e le parole cambiano significato

Questa è una cosa di Giovanni che capisco molto. Quando ho iniziato a fare attivismo, il “non binarismo”, l’ “antibinarismo”, riguardava i ruoli di genere. E noi, seppur con identità definita, ci professavamo “antibinari”. Oggi sembra un crimine usare non binarismo ed antibinarismo per ruoli, espressioni di genere, orientamenti sessuali, perché “non binary è un’identità di genere”. Il problema è che quell’identità di genere, fino a pochi anni fa, si chiamava genderqueer, genderfluid, e non “non binary”, ma più che sulla semantica mi concentrerei sul fatto che “i giovani” hanno censurato i “meno giovani”. Allo stesso modo si deve usare “Afab” e non “uomo xx”, e usare le nuove accezioni di bisessuale e pansessuale, e potrei fare mille esempi.
Ora, se queste censure da parte dei “mocciosi” del Movimento (o del cybermovimento, in quanto molti di loro non hanno mai messo piede su un palco o in un’associazione LGBT) danno fastidio a chi ha la mia età, ed è nel Movimento da pochi anni, figuriamo quanto possa dare fastidio a chi, 40 anni fa, ha costruito il suo attivismo sul fatto che “Gay” descriva le persone attratte dallo stesso sesso. Ai tempi, gay, femminiello, donna trans, era tutta una sfumatura che aveva come denominatore comune l’essere “maschio” biologicamente. C’erano butch che prendevano ormoni, e comunque rimanevano nel movimento lesbico, e non in un movimento “di uomini”. Ai tempi le cose andavano così, e noi costruiamo le nostre teorie su quello che viviamo: se cambia troppo, ne usciamo disorientati.
Io, ad esempio, sono disorientato dal fatto che il Movimento LGBT stia incamerando altre identità (migranti etero, asperger etero, asessuali maschi eteroromantici, poliamorosi maschi eterosessuali, uomini eteroflessibili abituati a fare mansplaining, perché nella vita vivono da uomini etero, e così via), che spesso poi risultano molesti nei confronti di persone xx come me.
E se faccio questa fatica io ad adattarmi a tutte queste novità, figuriamoci lui che ci ha costruito tutta la sua trattazione.
Ecco, faccio molta fatica a capire i giovani reazionari, che in un mondo queer e fluido ci sono nati, ma da questo punto di vista io posso capire Giovanni.
Del resto, solo qualche giorno fa, mi hanno dato del “vecchio”, perché avevo impiegato alcuni minuti a riflettere sul sessismo dei vecchi film italiani di fine anni ’90, visti recentemente per caso, e se già a metà della trentina i liceali ti danno del vetusto, dicendo che ti preoccupi di “cose inutili e superate”, capisco come si possa sentire Giovanni. Poi, a mio parere, i liceai che archiviano l’omofobia interiorizzata di Platinette come “ma ha più di 50 anni, non conta niente” (ne ha 65, ma quando sei giovane, sopra i 50 “sono tutti vecchi”), non hanno capito che il potere economico è nelle mani di chi ha più di 50 anni. Ma devi entrare nel mondo del lavoro per saperlo.

Le cose che non ho apprezzato del suo articolo

1b) “Genere” usato come “sintesi” di Identità di genere e di Ruolo/Espressione di genere

Anche se Dall’Orto si dissocia dal movimento Gender Critical, abbraccia il fatto che per i Gender Critical “identità di genere” e “ruolo/espressione di genere” sia un tutt’uno, chiamato “genere”, e quindi il ragionamento incappa negli errori (errori dal punto di vista non gender critical, ovviamente) causati dall’unire questi due concetti.

2b) Se le persone sono attratte “da sesso”, un sacco di persone vengono cancellate

Ci sono partner di uomini ftm che prima e dopo hanno avuto storie con uomini biologicamente maschi, e nessuna donna transgender o biologicamente femmina. Solo uomini. Insomma, per queste persone il fil rouge dell’orientamento è l’identità di genere maschile, la mascolinità.
Queste persone possono davvero essere “congedate” come bisessuali? O come appassionate di trans”?
E’ più corretto definire “gay” il tizio velato, in cerca di “trasgressione”, che si aggira nei “localacci” in cerca di qualsiasi cosa abbia un pene? (prostitute trans, uomini biologicamente maschi gay, etc etc, travestite, drag queen e compagnia bella?).

3b) “Hanno iniziato loro”

Non so se ha senso il discorso su chi ha iniziato. E non so se ha senso giustificare il cyberbullismo che molte pagine gendercritical fanno su chi ha come “colpa” quella di essere trans (e quindi viene misgenderato e sfottuto), solo perché non si sa bene chi, nel mondo trans e queer, avrebbe “iniziato per primo“.
E alcune iniziative che descrive come innocue (le magliette che chiariscono che donna è un sinonimo di femmina) non lo sono, perché il retromessaggio è che un uomo ftm sarà sempre “una donna”, “una di loro”.

4b) Il rifiuto del confronto c’è stato davvero?

Nell’articolo Dall’Orto sostiene che gli attivisti trans rifiutino il confronto, prendendo ad esempio il recente caso dell’Università di Bologna, eppure io per anni ho dialogato con Libreria delle donne, Cristina Gramolini, Arcilesbica, Daniela Danna, e quindi io non credo che si possa dire che il dialogo non ci sia stato. Alcune posizioni sono inconciliabili, tutto qua. Poi, onestamente, se io non fossi costantemente disapprovato dalla maggior parte di femministe radicali, ti direi che, a parte la questione transgender, io condivido vari punti di vista radfem, come per esempio il fatto che le persone xx subiscono una discriminazione peggiore di tutti, in quanto sono cancellate, non contano nulla, quindi non contano neanche nulla i loro coming out (come lesbica, non binary, transgender o altro). Il dialogo con questo mondo, però, nel mio caso, si può dire un’esperienza conclusa.

 

5b) Buck Angel

Buck Angel ha sicuramente ragione quando dice che non vuole che sia cancellato il suo passato da persona biologicamente femmina che performava il ruolo sociale e pubblico di donna. Questa è una battaglia in generale del mondo trans, e in particolare,  ma non solo, di tutte quelle persone, come Buck, che hanno fatto coming out o preso consapevolezza tardi.
Il problema è che Buck Angel, pornoattore che fa i soldi sui feticisti che amano vedere una vagina penetrata in mezzo a tanti muscoli e peli, disprezza i percorsi non medicalizzati, delegittima le persone non medicalizzate, le prende in giro, vorrebbe che non si definissero transgender.

6b) Il divorzio LGB+T

Non sono affatto d’accordo sul fatto che il “divorzio” riguardi due blocchi, uno fatto da persone di identità di genere divergente da quelle attese dalla sua biologia (le persone transgender), e uno fatto da persone che hanno come tematica l’orientamento sessuale (le persone LGB non transgender). Esistono persone transgender (loro preferiscono “transessuali“, un termine che l’attivismo, composto in gran parte da persone in percorsi “med”, ha deprecato, in quanto termine psichiatrizzante e deciso da chi non era nè trans nè LGB) che, come Buck, prendono le distanze da chi è transgender in percorsi non canonici, spesso mostrando un enorme disprezzo: queste persone con chi andrebbero dopo il “divorzio”?
Di contro, ci sono tutte quelle persone LGB che con le persone T (nello stesso Movimento, perlomeno) ci vogliono stare, che le supportano, che le sostengono, che non si sentono minacciate dalla loro autodeterminazione, né da quella dei loro partners. Tante persone LGB si sentono offese dai movimenti LGB. E’ un fatto. Dall’Orto potrà anche considerarle tutte queer se vuole, possono essere persone che usano le parole in modo diverso da come le usava lui 40 anni fa, e persino da come le usavo io 10 anni fa, ma i significati vengono cambiati dall’utilizzo, come provano le varie revisioni dei dizionari storici, quindi probabilmente, un giorno, gay sarà chi è attratto da persone di genere maschile, semplicemente perché per la maggior parte delle persone sarà così. O forse no, forse le retroguardie avranno fatto “un buon lavoro” dal loro punto di vista, e si tornerà ai significati degli anni ’70.
Il punto è che questo avverrà anche senza l’intervento mio o di Dall’Orto. Noi possiamo solo esprimere il nostro pensiero, ma i tempi cambiano, i corsi e ricorsi della storia ci sono, indipendentemente da noi, che siamo solo gocce in un enorme oceano.

Se ho travisato il persiero di Dall’Orto in qualcuno di questi punti, sono disposto a rettificare.

Viewing all articles
Browse latest Browse all 397

Trending Articles