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Channel: Progetto Genderqueer – Non Binary Blog
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#pronomisulinkedin una campagna per avere cittadinanza indentitaria nel mondo del lavoro

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Ho scoperto, con piacere, che una ex collega, su Linkedin, ha messo i pronomi “she/her” accanto al suo nome.
Linkedin provvederà, forse presto, ad un campo specifico, ma nel frattempo molte persone, anche non sotto l’ombrello transgender, hanno deciso di inserire i propri pronomi.

Perché questo segnale è importante?

Perché dovrebbe essere importante che una persona che non è transgender o non binaria inserisca i pronomi con cui chiede ci rivolga a lui/lei?
Questa tendenza legittima l’idea che un’azienda non dovrebbe mai dare per scontato che il genere grammaticale col quale rivolgersi ad una persona sia quello coerente col suo nome anagrafico o col suo aspetto.
La richiesta dei pronomi corretti può aprire molte strade all’interno di una carriera aziendale, come quella del nome “Alias” usato da colleghi e clienti, o sulla mail, sul badge, sui buoni pasto, all’uso di bagni e spogliatoi.
I “pronomi” richiesti non contengono tutti questi concetti, ma danno il “la”.

 

L’iniziativa dovrebbe partire da chi se lo può permettere: le persone Ally

E’ difficile, per chi, essendo transgender e non binary, non può essere out sul lavoro, o ha fatto dei coming out che sono stati ignorati. Infatti, non sono queste le persone che voglio maggiormente spingere ad inserire la tematica dei pronomi all’interno dei profili Linkedin e di altre piattaforme legate al lavoro e alla carriera.
Sono quelle persone “cisgender”, alleate delle persone transgender e non binary, che possono creare un circolo virtuoso e far diventare la dichiarazione dei pronomi una prassi.

Quali Ally si stanno esponendo?

Per ora, ahimé, sembra un fenomeno limitato solo a professioniste donne, che hanno messo i pronomi she/her e talvolta anche they/them.Ancora, per gli uomini, sembra un problema esporsi anche solo con “he/him”.
Se però questa campagna diventasse virale, e stimolasse le persone “ally” ad aiutarci in questa battaglia di “cittadinanza sul posto di lavoro”, la viralità dell’operazione potrebbe spingere le aziende ad adeguarsi. Magari, il “genere con cui rivolgersi” diventerebbe parte di una candidatura, come fosse una richiesta “ordinaria”, e porrebbe fine a tutte quelle postille e imbarazzanti precisazioni che le persone transgender e non binary fanno, o a volte scelgono di non fare, in luogo di invio curriculum e di colloquio.

Cosa ci può essere di più potente che trasformare una prassi in qualcosa di ordinario?

Quindi, il mio appello va ai lettori ed alle lettrici Ally: aiutateci ad inserire il tema del “non misgendering” all’interno del macro-tema del lavoro (l’accesso al lavoro, il tentativo di cambiare lavoro per migliorarsi, il rientrare nel mondo del lavoro dopo aver preso consapevolezza, il rapportarsi a capi, clienti e colleghi).

Postate su instagram, twitter, facebook, (e magari anche linkedin stesso) uno screenshot del vostro linkedin in cui sono visibili i pronomi e aggiungete questo ashtag #pronomisulinkedin
Facciamolo diventare virale!


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