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Ombrello Rainbow: dovrebbe continuare a riguardare solo temi LGBT?

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Neuroqueer, intersezionalità, Ally, e tante tematiche legate al ripensare (o non ripensare) il movimento LGBT come qualcosa che comprenda (o non debba comprendere) altre identità discriminate.

bandiera-lgbt

Qualche giorno fa, l’amico Cosmo ha condiviso un post sulla nuova moda “neuroqueer”, mostrandosi scettico verso questo concetto.

Secondo me, possono essere fatte, serenamente e senza polemiche, molte riflessioni sul fare entrare “sotto l’ombrello LGBT” altre identità, non strettamente legate ai temi principali del movimento LGBT: l’orientamento sessuale/affettivo e l’identità di genere.

La doppia appartenenza e la doppia discriminazione

Esistono, da sempre, persone che hanno una doppia appartenenza, e a queste persone, spesso, la comunità LGBT ha dedicato molti eventi culturali, libri, documentari: “buddhismo ed LGBT”, “Gay luterani”, “Calciatori LGBT”, etc etc.
Ahimè, spesso, non vengono fatte iniziative dall’altra comunità di riferimento, ma questo meriterebbe un articolo a parte.

Alcune di queste “doppie identità” generano una doppia discriminazione: essere lesbica e nera, essere bisessuale e musulmano, essere transgender ed Asperger, essere gay e cattolico, LGBT e diversamente abile, e così via.
A maggior ragione, in questo caso, il movimento, dedica molti eventi culturali, sportelli, a volte intere associazioni, a questi temi così delicati e complessi, in cui la persona spesso subisce una doppia discriminazione dalla società, e una discriminazione da entrambe le comunità di riferimento.
Si pensi al musulmano gay (soprattutto a quello proveniente da alcune realtà religione e/o etniche molto chiuse), snobbato nei locali gay in quanto musulmano, ed escluso in quanto gay dalla comunità musulmana: stanno nascendo comunità di riferimento che danno a queste persone degli spazi protetti e dei contesti dove vivere liberamente entrambe le due identità.
Esistono quindi, e sfilano nei Pride, molte realtà che testimoniano la doppia identità: ad esempio “Il Guado, gay cristiani“, che fa un’opera di visibilità (il fatto che esistano gay cristiani) e crea uno spazio di riflessione sui problemi di chi è sia gay che cristiano.

Entrare a gamba tesa sotto l’ombrello rainbow

Il problema si pone quando alcune di queste comunità vogliono entrare “sotto” l’ombrello LGBT.
La richiesta non è, quindi, quella che una delle due comunità a cui si appartiene (quella LGBT) si occupi, elaborando eventi culturali e testi scritti, della loro doppia discriminazione (cosa che sarebbe bello fosse richiesta anche all’altra comunità di riferimento), ma che alcuni concetti (come l’essere Asperger) facciano parte della lunga lista dei discriminati, al di sotto dell’ombrello rainbow.

A mio parere, di pensatore non intersezionale, il movimento LGBT dovrebbe occuparsi dei diritti delle persone LGBT, e ovviamente dovrebbe approfondire anche le doppie discriminazioni che subisce chi è sia LGBT, sia appartenente ad un’altra categoria discriminata, ma il suo compito dovrebbe fermarsi qui.

Un nero eterosessuale, un Asperger eterosessuale, sicuramente fanno parte del gruppo di persone “mortificate” dal bianco etero neurotipico eterosessuale, ma il “macrotema” della discriminazione, che raduna tutti coloro che differiscono dal modello dominante, dovrebbe essere affrontato dal movimento molto più ampio, e non da quello LGBT, ad esempio dalla Sinistra Intersezionale (che troppo spesso snobba i diritti civili).

Il pericolo dell’infiltrazione dei maschi CisHet, l’ampliamento dell’ombrello come cavallo di troia

Temo anche che una serie di persone usino queste identità, che si vuole far entrare “sotto l’ombrello LGBT” per infiltrarsi. Parlo di uomini e ragazzi eterosessuali, spesso morti di figa e alla frutta, che si “spacciano” per Asperger, asessuali eteroromantici, poliamorosi, per “penetrare” in luoghi popolati da donne bisessuali, non binary di origine biologica xx, non med di origine biologica xx, come scusa per provarci, fare mansplaining, avere un ruolo in una comunità, e voce in capitolo.

Se è già difficile controllare la “penetrazione” nel mondo LGBT dei presunti asessuali eteroromantici (spesso per nulla asessuali, ma semplicemente imbranati a “procurarsi del sesso” con le ragazze), poliamorosi eterosessuali (spesso semplici maschietti che puntano ragazze poliamorose immaginandosele maggiormente disponibili e disinibite), figuriamoci come argineremo le ondate di Asperger eterosessuali “autodiagnosticati” (ricordiamo che ci sono strumenti neurologici che possono definire se una persona è neurodiversa o no), e non so di quale altra comunità che “desidera entrare” sotto l’ombrello LGBT.

Altre identità discriminate vengono al Pride, ma come Ally

E’ importante far presente che è bello che un Asperger cishet (cisgender eterosessuale), amico di un Asperger LGBT, venga al pride, ma è anche importante capire a che titolo sta venendo: a me piacerebbe pensare che stia venendo come ally, come sostenitori dei diritti del suo amico e della comunità tutta.

Il pericolo politico del legame tra neurodiversità ed LGBT

E, per quanto riguarda la neurodiversità in particolare, sebbene esistano persone “sia Aspeger che LGBT”, esattamente come esistono persone “sia diabetiche che LGBT”, mi sembra pericoloso forzare la mano su una presunta connessione tra l’essere neurodiversi e l’essere LGBT. La comunità LGBT ha combattuto per decenni contro parole come terapie, diagnosi, patologie, e la comunità T lo fa ancora.
Esistono di certo persone sia Asperger che LGBT, ma esistono anche tante persone LGBT non neurodiverse, e “insinuare” che infondo essere LGBT è “legato” ad una neurodiversità è un concetto che potrebbe risultare pericoloso, oltre che infondato.

Come mai ci sono punti comuni tra LGBT ed Asperger, una possibile lettura

Molti miei amici LGBT, facendo i test online relativi all’Asperger, me compreso, avevano avuto punteggi alti sui temi relativi al modo di socializzare. E’ chiaro che, in un mondo che ti misgendera e ti fa deadnaming, io non voglia essere “l’anima della festa”, il burlone della comitiva e via dicendo, ma quanto questo dipende dalla mia risposta all’ omotransfobia altrui e quanto invece da una mia “endemica” socialità differente?

Attenzione alle autodiagnosi “per moda”

E’ vero che una variabile neurologica che ti rende per certi versi migliore degli altri, più acuto, più capace ad apprendere, può fare gola a molti amanti dell’autodefinizione, tanto che persino la comunità medica si sta interrogando sul “se” archiviare il termine Aspeger, che ahimè sta facendo gola a tante persone che vogliono per forza autodefinirsi tali, senza nessuna diagnosi, perché “fa chic (mancando di rispetto a chi lo è davvero).
Noi paladini dell’autodeterminazione su identità relative all’orientamento sessuale (gay, lesbica, bisessuale, asessuale) o all’identità di genere (uomo, donna, non binary), siamo sicuri che anche per le tematiche neurologiche abbia senso “l’autodeterminazione”?
Dove c’è “diagnosi” può esserci “autodeterminazione”?
Sono sicuro che come noi transgender abbiamo lottato contro il fatto che fosse necessaria per noi una “diagnosi”, ciò potrebbe farlo la comunità Asperger (sperando che ci siano anche associazioni di rivendicazione politica di questa identità, e non solo consultori e realtà in mano ad operatori e neurotipici in generale), ma mi chiedo se sia “compito” della comunità LGBT percorrere questa battaglia, o se, come è giusto che sia, si possa essere, se si vuole e non per forza, semplicemente Ally.

Una nota sull’ “intersezionalità obbligatoria”

Qui si aprirebbe un altro tema, quello dell'”intersezionalità obbligatoria”, che ho già trattato in altri articoli. Molti di noi sono Ally in tutto ciò che riguarda la discriminazione, anche su ciò che non ci tocca direttamente, ma non deve diventare un obbligo investire energie in tutto. Sacrosanto poterle investire solo su ciò che ci tocca direttamente oppure che, anche non riguardandoci personalmente, ci coinvolge tanto da voler scendere in campo.

 


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