Alla fine di ottobre scorso a Londra, Jason, timido transgender ftm (ossia “female to male”: col corpo di nascita femminile e con identità di genere maschile) attratto dai corpi maschili, ha deciso di provare a cercare un partner in una sauna gay, la “Sailors’ Sauna”. Prima di farlo, però, ha verificato sul sito web che non ci fossero indicazioni riguardanti l’eventuale esclusione delle persone transgender, rassicurato in ciò anche da un amico che la frequentava.
Tutto è andato bene fino a quando Jason, mentre si trovava nella vasca dell’idromassaggio insieme all’amico, è stato avvicinato da un addetto del personale che gli ha detto che un cliente s’era lamentato che “C’era una donna nella sauna”, e che la licenza del locale permetteva di accettare come clienti solo gli uomini. All’obiezione di Jason di avere presentato documenti maschili l’addetto ha chiarito che per uomini intendeva persone con genitali maschili. Alla domanda di Jason se allora avrebbe accettato una transgender mtf non operata ai genitali, l’addetto ha risposto che in quel caso l’avrebbe ammessa.
Ricevuto il rimborso del biglietto e accompagnato alla porta, Jason ha raccontato la sua umiliante avventura sui social media, lamentando l’assenza, sul sito web, d’indicazioni relative all’esclusione degli uomini trans, e sottolineando che l’Equality Act del 2010 non impone più alle persone trans la riconversione genitale.
Ne è nato un acceso dibattito online, nel corso del quale il personale della sauna si è scusato dicendo che, avvertiti della presenza di “una donna” nel locale, erano stati presi di contropiede, non sapendo se la loro licenza comprendesse o meno anche gli uomini trans. Aggiungendo che dopo essersi consultati col loro avvocato ed essersi informati sul Gender Recognition Act hanno concluso che la loro licenza comprende anche gli uomini trans, ai quali sarà concesso d’ora in poi l’ingresso dietro esibizione di un GRC (Gender Recognition Certificate), ossia il certificato di riconoscimento del cambio di genere.
La vicenda ha innescato un acceso dibattito, nel quale la comunità lgbt si è divisa fra chi dava ragione ai gestori e chi la dava al cliente. Anzi no: andando a esaminare i commenti agli articoli pubblicati online dai periodici gay Qweerty e Gaystarnews, si nota come i punti di vista siano anche più di due.
Alcuni lettori impostano la questione sul piano del comfort degli attuali frequentatori delle saune londinesi: sono in media uomini gay sopra i 40 anni. Sottolineano che molti utenti si sentirebbero a disagio alla vista, in uno spazio riservato agli incontri “lui per lui”, di un organo genitale femminile. Ed anche a sentire il punto di vista della dirigenza di queste saune, l’inclusione delle persone transgender potrebbe portare a una perdita di clienti.
Altri lettori sentono invece come una minaccia “all’omosessualità” la presenza stessa delle persone trans in spazi riservati agli e alle omosessuali. La visibilità sociale di persone ftm gay e mtf lesbiche è relativamente recente, e precedentemente questi spazi erano intesi come riservati a persone dello stesso “sesso” (biologico/genetico): l’inclusione di persone della stessa identità di genere ma non dello stesso sesso è quindi secondo alcuni commenti una minaccia “politica”: la perdita del diritto a ritrovarsi in spazi protetti, riservati a persone dello stesso sesso e attratte esclusivamente da persone dello stesso sesso (e non genere).
Altri commenti di uomini gay sono invece più possibilisti, dichiarandosi non ostili alla presenza di persone transgender ftm. Alcuni di loro chiariscono di non esserne attratti, tuttavia considererebbero la loro presenza in sauna come quella di un qualsiasi altro uomo che loro non considerano attraente. Secondo alcuni di loro, inoltre, questo caso di cronaca potrebbe essere un’occasione per le saune di informarsi e d’indicare in modo chiaro la loro politica sull’accesso delle persone transgender, in modo che persone come Jason possano informarsi prima di entrare, o i clienti spaventati dalle persone ftm possano se caso andare altrove.
Alcuni tra i commentatori hanno poi usato il caso di cronaca per interrogarsi sull’attrazione per uomini ftm non operati ai genitali. Alcuni sostengono che in una sauna gay sia più probabile che riceva attenzioni un uomo trans, piuttosto che una donna trans che si presentasse con un aspetto totalmente femminile, a esclusione dei genitali.
Qualcuno afferma anche di aver conosciuto uomini ftm e di trovarli esteticamente molto più virili, tonici e muscolosi di molti uomini biologici. A questa riflessione, qualcuno risponde di non essere alla ricerca di “virilità” in uno spazio destinato agli incontri “lui per lui”: riconosce la maggiore “mascolinità” di una lesbica butch rispetto a un omosessuale effeminato, ma riconosce tuttavia di sentire come più attraente quest’ultimo, perché interessato, in quanto gay, non alla “mascolinità” in sé, ma al corpo maschile, genitalità compresa.
Addirittura, qualcuno dichiara di sentirsi infastidito dall’ipermascolinità, anche estetica e di atteggiamento, di alcuni uomini ftm, sottolineando il fatto che spesso ricalcano gli stereotipi di ruolo di genere che, in quanto appartenenti alla comunità LGBT, dovrebbero invece combattere.
Tra i contrari alla presenza degli uomini ftm nelle saune gay, alcuni usano toni molto duri, dicendo che “le vagine devono essere escluse dal sesso per soli uomini”, o affermazioni apodittiche come “nessun uomo è stato escluso: ad essere stata esclusa è una donna eterosessuale, e dovrebbe esserne grata, visto che questi luoghi sono delle fogne”.
Infine, alcuni hanno sottolineato che ammettere tra i clienti persone come Jason, aprirebbe la strada anche ai transgender ftm non medicalizzati, la cui biologia sarebbe femminile non soltanto per quanto riguarda i genitali, ma per l’intero corpo.
Questa obiezione è particolarmente scottante perché si ricollega direttamente al dibattito che sta letteralmente infuocando in questo istante il movimento LGBT e femminista britannico, a seguito della proposta di riforma del “Gender Recogniction Act”, che se approvata permetterebbe anche alle persone transgender non medicalizzate di cambiare nome e genere sul documento senza interventi medici o chirurgici, né un certificato che attesti l’identità di genere della persona, poiché a determinare il genere diventerebbe soltanto “l’’autoidentificazione” (self identification).
Il dibattito sta infuocando le bacheche dei social media, perché si temono strumentalizzazioni da parte di uomini eterosessuali, pronti a invadere gli spazi riservati alle donne millantando un’autoidentificazione femminile in un corpo biologico maschile al 100%.
Non stupisce quindi che il dibattito abbia finito per sbordare anche sulla presenza dei uomini ftm sui portali appuntamenti per soli maschi. La presenza degli uomini ftm è prevista ormai da molti storici portali per uomini, come Planet Romeo, che dichiara la sua politica trans-includente nella sezione “about”, nella quale descrive il portale usando queste parole: “ROMEO è il social network più eccitante del mondo per uomini gay e bisex, e per persone trans”. In effetti esistono ben tre gruppi dedicati agli uomini ftm, ai loro estimatori e ai loro partner.
Anche l’applicazione Grindr, recentemente, si è aperta alle persone transgender, includendo la possibilità di selezionarle all’interno dei filtri del portale.
Addirittura esistono casi in cui la politica “includente” è la ragione stessa di esistere del portale d’incontri, Come ad esempio OkCupid, che si rivolge specificamente alle persone bisessuali, pansessuali, transgender e di “genere non conforme”.
Il tono acceso del dibattito mostra tuttavia che la questione rimane scottante, e di non facile soluzione.
Forse, sia per quanto riguarda i portali, sia per quanto riguarda i locali, una buona soluzione sarebbe quella di spazi targettizzati in modo più preciso, pensati gli uni solo per gay biologicamente maschi, gli altri per uomini omosessuali, bisessuali, pansessuali, transgender e non. Magari facendo attenzione a non riproporre il problema di chi includere e chi escludere, tenendo a bada persone con interessi morbosi (feticisti ed eterosessuali curiosi, che risulterebbero sgraditi all’uomo trans, medicalizzato e non), come sta già succedendo su alcuni portali di incontri.
Concludendo, costruire spazi transincludenti, dichiarandone le politiche nei rispettivi siti web, è una buona soluzione, a patto che siano pensati come ambienti protetti per persone LGBT e se ne monitori l’accesso agli intrusi maschi eterosessuali.