Usare la definizione “pansessuale”, in ambienti di attivismo “omosessuale”, crea una reazione diversa rispetto a quando si usa il termine”bisessuale“.
Se la prima causa ira, ferite aperte, confusione con i concetti di velato, confuso, opportunista, la seconda crea addirittura scherno e derisione.
Parte della derisione per il pansessualismo è legato all’equivoco che nasce dall’etimologia della parola pan-sessuale.
E’ vero che, dal greco, “pan” significa “tutto“, in contrasto con “bi“, che significa, binariamente, “sia l’uno che l’altra“. Il prefisso bi contiene, inequivocabilmente ed inevitabilmente, un rigido dualismo.
Molti bisessuali non binari (ma non tutti) preferiscono quindi l’uso dell’autodefinizione “pansessuale”.
Anche molte persone di orientamento prevalentemente omo o prevalente etero (omoflessibili, eteroflessibili, persone che potremmo dire al livello 1 o 5 della scala kinsey), che però non escludono partner gender not conforming, si sentono maggiormente rappresentati dalla parola “pansessuale” che dalla parola “bisessuale”, che creerebbe l’equivoco di inquadrarli come persone indifferentemente attratte “a parimerito” dal femminile e dal maschile.
Inoltre c’è una differenza concettuale: se la persona bisessuale mediamente ama definire il suo orientamento dicendo che può amare “sia uomini, sia donne”, la persona pansessuale preferisce dirsi capace di amare una persona qualsiasi sia il suo sesso e/o genere.
Quindi essere “pan” non significa amare “tutti” (come vorrebbero farci credere le persone pan-fobiche) ma, potenzialmente, poter amare qualsiasi persona, indipendentemente dal suo sesso o genere.
Chi di solito è “affetto” da “pan-fobia“?
Sicuramente può provarla chi prova bifobia (uomini omosessuali, donne lesbiche, etero molto chiusi e chiuse), magari rincarando la dose verso il o la pansessuale, “addirittura” attratto/a da persone trans (quindi la panfobia si lega alla transfobia).
Ad essere vittime di pan-fobia ci sono anche persone che, provenendo da un passato mono-sessuale (una persona omo o etero), ad un certo punto entrano in relazione con una persona trans* o genderfluid. Lo scetticismo della precedente comunità di riferimento (omo o etero) potrebbe essere vista come panfobia o come “transfobia” proiettata sui partner. Sarebbe da definire se l’ostilità più verso questa persona o verso il o la partner.
Articoli come questo dànno fastidio, ed è per questo che non lo divulgherò se non in spazi virtuali per persone antibinarie.
Forse fanno bene, infondo, quei pansessuali de factu che preferiscono usare la definizione “bisessuale” solo per non ereditare ulteriori malintesi ed ulteriore ostilità
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